" Prima della notte dei tempi, i Natalecci"

In questa nuova sezione pubblichiamo gli articoli apparsi sul giornalino comunale L' Agorà, riguardanti Gorfigliano; questo per poterli mettere a conoscenza di chi, purtroppo, è stato costretto ad abbandonare Gorfigliano per svariati motivi.



La zona della chiesa era Porto Franco, così come il Bar del Gian e della Tilde. Guai a oltrepassare il confine. Ricordo come fosse adesso, quando mi avventuravo in quella zona a me sconosciuta per andare a trovare il mio amico Simone che abitava in una casa a fianco a "Sant' Antognio". Sì, abitava proprio nel cuore del rione Bagno. Il cuore dei natalecciai bagnaioli e grottaioli. E' come dire che un interista, durante il "Derby della Madunina", con la propria sciarpa al collo si posiziona nella curva rossonera, "un suicidio" direte voi, in effetti era proprio così. Rasentavo le case giù per la via Don Mario Tucci, la strada dove abita la mia amica Tecla per intenderci, così avrei evitato di mettermi in mostra e essere bersaglio facile al centro della Piazza, presidiata con costanza e attenzione dai bagnaioli, nel Baradello. Io lo chiamo "Baradeio" e non "Badareio" come ci insegnano le piastrelle dei numeri civici appesi a ogni casa, del resto sono cresciuto sentendolo chiamare in quel modo. Arrivato infondo alla via, giunto in prossimità del Bar del Pellè, e della casa del Donatello, una veloce occhiata nella piazza per vedere se la strada era libera, e via di corsa giù dal mio amico Simone. Era così. E pensare che io ho vissuto solamente il rimasuglio di un campanilismo rionale, affievolito ormai dal tempo. Una battaglia costante tra i due rioni massimi del paese. Sassate, risse, offese, era questa la vita dei ragazzi Culiceti e Bagnaioli. Un paese diviso in due zone, dove ognuno aveva il suo punto di ritrovo, dove ognuno aveva il suo Bar da frequentare, dove ognuno doveva difendere la propria appartenenza. Il Bagno, territorio a me sconosciuto nei primi anni della mia vita, se non appunto quando andavo a trovare il mio compagno di classe o accompagnavo mia mamma al cimitero, per fare visita ai mie nonni morti. Al cimitero ci si andava a piedi attraversando per la sua completa interezza il rione del Bagno. Un territorio a me sconosciuto, come ho già detto. I Novelli, e chi li aveva mai visti prima? Scoprii che si chiamavano così perché proprio mia mamma, in un nostro viaggio al cimitero, mi indicò la casa dove nacque mio nonno dicendomi "Ale, ì nonno gh'jè nato qui ai Noegh'j" (Ale, il nonno è nato in questo rione, i Novelli). Sarà, per me esisteva solo Culiceto, il mio bel Culiceto. Era come sentirsi degli stranieri nel proprio paese. Un campanilismo rionale tramandato dai nostri vecchi che per definire un appartenete all'altro rione casomai affermava: "Chiottù pr'tendro gh'jenno bagnaioli!" (Che cosa vuoi pretendere, sono bagnaioli!) Così come avrà sicuramente affermato un vecchio bagnaiolo nei riguardi di noi culiceti. Un campanilismo di cui non rimane traccia, se non in un breve periodo dell'anno, quando i rioni danno vita al Nataleccio. Proibito oltrepassare il confine nel periodo del Nataleccio ai miei tempi, veniva considerata un'invasione, e allora "giù botte da orbi". I Natalecci, nessuno ha memoria della nascita di questa tradizione. Ricordo che mia nonna Fiò, nata nel 1902 e morta quasi centenaria, raccontava di averli sempre visti, e che suo babbo li aveva sempre visti, così come pure suo nonno. Insomma ci piace pensare che i Natalecci siano sempre esistiti, perché è così; perché non può esistere nell'immaginario di un gorfiglianese, Gorfigliano senza Nataleccio. Ne ebbi prova nel 1986 o '87, non ricordo con esatta precisione, quando ad una settimana dal 24 Dicembre -giorno in cui i Natalecci sprigionano tutta la loro magnificenza, la loro magia, le proprie fiamme intrise di fatica, sudore, passione, amore, adrenalina, fratellanza, spettacolo unico- sulla Calamaia tutto era fermo, la vecchia tempia era ancora lì, ritta e sorretta dai tiranti arrugginiti dell'anno precedente . Fu così, che i "Tre Vecchi", non riuscirono a darsi una spiegazione a tutto ciò: come era possibile che i loro ragazzi quell'anno non avessero ancora percorso la strada che conduceva su al Nataleccio? Armati di buona volontà, delusione, rabbia, perché loro il Nataleccio nell'arco della loro vita lo avevano sempre visto arrampicato lassù su quello sperone di roccia che domina il paese, diedero il via a quella stagione nataleccistica. Dimenticavo, i "Tre Vecchi" erano "Chiodò", "Gioacchìn" e il "Giuglio d'l Tecchioun". Quel gesto riuscì ad umiliarci, come era possibile che noi giovani, quelli che stavano ereditando un "mestiere" da portare avanti negli anni avessimo potuto mandare in avanscoperta i "nostri vecchi"? Ci fu una reazione generale di tutto il rione, non credevo ai miei occhi: persone che non avevano mai messo piede sopra a quel pezzo di roccia si davano da fare all'impazzata per riuscir a terminare non solo il Nataleccio, ma volevano proseguirne la sua storia. Del resto bisogna ammetterlo, sono certo che tutto ciò verrà condiviso anche da bagnaioli, f'nalesi, dai ragazzi dei Novelli, e da qualsiasi altro natalecciaio: non è Nataleccio se non c'è il Nataleccio. Per Nataleccio mi riferisco indubbiamente a quello costruito sopra la Calamaia (il monte porta il nome Calamaio, ma noi lo chiamiamo Calamaia), tant'è che gli sia stata intitolata una via: "Via del Nataleccio". Quella via, la percorrevo da piccolo insieme al "mì" Ciona e al "mì"Scilla, quando a sei anni mia mamma mi mandava al Nataleccio solamente accompagnato dai miei cugini che potevano tenermi "sott'occhio". Mi sentivo un eroe, salutavo orgoglioso al mio passaggio la mia nonna Fiò, e l'Ottavian; per me andare al Nataleccio accompagnato da uno dei miei cugini significava esser grande, essere parte integrante di quel meraviglioso gruppo che con i propri canti inneggianti al Nataleccio faceva tremare tutta la valle gorfiglianese al suono delle loro voci. Sì, ero uno di loro! Ricordi che mi fanno ancor oggi emozionare, dove nelle immagini che mi scorrono davanti posso ricordare i VERI PIONIERI di quel rione: la famiglia Tersitti al completo, Carlo e Francesco Ferri, Clemente Casotti, il "mì" Silverio, il Casali, l'Oliviero, l'Ugo della Grazia, Francesco Gemignani, Andrea da Granaiola, Angelo Casotti e naturalmente i "Tre Vecchi" e i miei due cugini Cristiano e Pietro. Sì, il Nataleccio a Gorfigliano è sempre esistito, addirittura prima della Notte dei Tempi, e non importa se è nel nostro immaginario di buoni gorfiglianesi, come già detto ci piace pensarla così!

Alessandro Ferri

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